Riforma del terzo settore. Il contributo di Movimento Consumatori

terzo_settoreL’associazione ha redatto un contributo per la consultazione pubblica avviata dal Governo che si concluderà il 13 giugno prossimo
Il 27 giugno, il Governo presenterà la tanto attesa riforma del Terzo settore e il 13 giugno prossimo si concluderà la consultazione pubblica lanciata nelle scorse settimane. Di seguito, un estratto della proposta di MC:

Premessa

Movimento Consumatori riconosce l’importanza di una riforma organica del Terzo Settore, che ne aggiorni e potenzi le ‘fondamenta giuridiche’ restituendogli forma, identità e trasparenza. Come associazione di consumatori vogliamo ‘confessare’ però una ulteriore aspirazione, che questa riforma sia l’occasione per aiutare il nostro Paese a cambiare orizzonte culturale: tendendo, per la prima volta, verso l’affermazione del principio di legalità.

La proposta

Pensiamo che il Terzo Settore ed in particolare l’associazionismo di promozione sociale possa contribuire all’affermazione del principio di legalità se è messo nelle condizioni di accedere realmente alla giustizia in nome di interessi collettivi. Per Movimento Consumatori questa riforma dovrebbe creare gli strumenti (o meglio rivedere tutti quelli già esistenti) per rendere effettivo l’accesso alla giustizia della associazioni che si siano costituite proprio per tutelare, difendere e promuovere i diritti di cui chiedono accesso alla giustizia, ottenendo che chi ha sbagliato non possa reiterare gli illeciti e risarcisca i danni. Non ci riferiamo solo alla materia del consumo, di fondamentale importanza per lo squilibrio tra consumatore e imprese, ma, anche alla materia ambientale, dei diritti civili, del diritto alla salute. Chiediamo, insomma che la lesione degli interessi collettivi possa trovare una risposta vera, anche di natura risarcitoria nell’ordinamento italiano. Questa semplice e poco costosa (per lo Stato) riforma, grazie al suo reale potere deterrente nei confronti illeciti commerciali, ambientali e malasanità, ad esempio, contribuirebbe invece, a far emergere, questa volta in positivo, tutta quella imprenditorialità che già si è data, come limite al proprio diritto di fare profitti, una propria etica sociale di impresa (responsabilità sociale di impresa) alimentando di fatto una nuova etica di mercato intesa come rispetto delle regole di comunità e come rispetto dei ben comuni. Nel nostro Paese, ‘formalmente’, è già previsto il diritto delle associazioni di promozione sociale di promuovere azioni giurisdizionali ad esempio per intervenire in giudizi civili e penali per il risarcimento dei danni derivanti dalla lesione di interessi collettivi concernenti le finalità generali perseguite dall’associazione, ma il vissuto ci insegna che, raramente i cittadini organizzati in associazioni riescono a difendere i diritti collettivi (civili, ambientali, di consumo). Si ritiene essenziale promuovere e affermare la tutela dei diritti collettivi dei cittadini/consumatori tramite una migliore esplicitazione degli strumenti giudiziari a disposizione delle associazioni e in particolare delle aps nonché tramite la revisione della disciplina del gratuito patrocinio e del risarcimento degli interessi collettivi e della costituzione di parte civile. In tal senso si chiede al Governo di riflettere se oltre a riformare l’accesso alla giustizia per le associazioni, possa essere opportuno provvedere anche ad una radicale riforma della class action permettendole così di divenire un vero strumento di deterrenza portandola fuori dal ristretto ambito del consumerismo per aprirla a contesti nuovi e diversi quali quelli in cui operano le associazioni di promozione sociale, insomma, una class action, per le associazioni di promozione sociale (sulla riforma della class action per renderla uno strumento efficace estendendola eventualmente a tutte le aps, siamo disponibili ad uno specifico focus).

Dal punto di vista fiscale

Si chiede che si smetta di applicare l’IRAP sulle APS che non svolgono attività commerciale. L’esenzione, oggi vale solo per le ONLUS ed è facoltativa, le regioni, i comuni, le province possono prevederla o meno. Per questo Movimento Consumatori chiede che la riforma recuperi una discriminazione delle APS nei confronti delle ONLUS che non è giustificata prevedendo però l’esenzione per legge nazionale, eliminando ogni discrezionalità da parte degli enti locali e delle regioni. Non è possibile che un’associazione venga tassata se crea lavoro. Le APS non sono associazioni di volontariato. Hanno potenzialità occupazionali considerevoli. Ma ad oggi se Movimento Consumatori, ad esempio, prende a contratto a progetto 3 persone per realizzare un progetto di educazione alimentare nelle scuole, dovrà pagare l’IRAP per aver creato lavoro, pur non avendo creato profitto/utile tramite quel lavoro che è stato impiegato per realizzare un progetto di utilità sociale e non utili per i soci. La beffa ulteriore è che l’IRAP non è oltretutto mai una voce rendicontabile nei costi del progetto che ha comportato le ‘assunzioni’, divenendo, in questo modo, più che un costo, un vero e proprio ‘buco’ per l’associazione.